Ed eccoci qui: il 21 aprile è arrivato e Perdisa ha puntualmente pubblicato l’antologia del premio giallo/noir Lama e trama, edizione 2009.
Potrete acquistarla in libreria o su internet (qui ad esempio) per 14 euro. Dentro vi troverete non solo i racconti giallo/noir premiati a Maniago lo scorso novembre, fra cui il mio Regalo aziendale, e quelli scelti fra i non finalisti, ma anche quelli scritti per l’occasione dai membri della giuria (gli scrittori Elisabetta Bucciarelli, Alberto Custerlina, Diana Lama) e da Valerio Varesi, che ha ricevuto il premio alla carriera.
Insomma, la mia prima pubblicazione “ufficiale” avrà l’onore di essere accompagnata da autori più navigati, il che dovrebbe peraltro rendere più appetibile un libro che raccoglie per lo più narrazioni di esordienti. Se volete avere un assaggio di quello che vi troverete potete scaricare gratuitamente, dal sito del premio, il pdf del racconto primo classificato, Menù da taglio, di Renzo Brollo. Qui sotto potete invece leggere un anticipo del mio racconto (o meglio, parte del cuore di esso). Per leggerlo tutto dovrete procurarvi Lama e trama 2010.
Non serviamo a niente, non sappiamo fare nulla. Niente di pratico, di costruttivo, di utile, di creativo. Degli automi atti a eseguire gli ordini, a seguire protocolli. Macchine da accantonare una volta inutili, da riporre nel ripostiglio, il filo della corrente arrotolato su se stesso, le batterie tolte. Sappiamo solo bere birra, in abbondanza e a buon mercato. Ingoiare schifezze nei bar all’ora dell’aperitivo per poter dire di essere usciti ed evitare di cucinare cena. Fumare sigarette, girare canne e giocare a Risiko. Mescolare il vermut di pessima qualità con il succo d’arancia del discount, comprare vestiti al mercato, scarpe dai cinesi. Scaricare musica da internet, prendere il tram senza pagarlo, parlare di calcio, politica, religione, massimi sistemi e donne. A volte trombarcele, almeno i più bravi. Suonare la chitarra, male quasi tutti, andare al cinema il lunedì, all’università di pomeriggio, appena svegli, e al fine settimana a casa, dai genitori, a portare il bucato, per chi ha la fortuna di averceli vicino. E poi studiare, dare gli esami, credere nel futuro e di essere in gamba. Laurearsi alcuni, cercare un lavoro serio, un contratto. Bestemmiare in un posto di merda per affrancarci dai genitori, per andare a vivere in un appartamento con camera singola, sperare di convivere con la propria donna, una donna. Invidiare la Spagna, Cuba, il Brasile. Essere inutili, produrre il nulla, non riuscire a spiegare al bar qual è il nostro lavoro. Invidiare l’idraulico, l’elettricista, il falegname, il muratore, l’agricoltore. Sapere di farlo senza però potersi lamentare troppo, perché le possibilità le abbiamo avute, siamo cresciuti nel lusso, nell’occidente vincente, e siamo circondati dai nuovi poveri, dagli intoccabili indiani: masse venute dall’est, dall’Africa, dal mondo a fare i lavori umili, degradanti, che noi non ci abbasseremo mai più a fare. Accorgersi che c’è chi sta peggio, e che sono loro le masse che avrebbero il diritto di insorgere, di ribellarsi, di rovesciare il sistema xenofobo. E vaffanculo, renderci conto che non siamo neanche l’ultima ruota del carro.
Se siete in vena di scrivere, buttate un occhio qua: si tratta del bando dell’edizione 2010 del premio. Fra i giurati della sezione racconto vi sarà anche il torinese Enrico Pandiani, l’autore della godibilissima serie di noir incentrata su Les Italiens, da poco giunto alla sua seconda pubblicazione (Troppo piombo) e con un torrente di altri romanzi pronto ad allagare le librerie.
Si è aggiudicato il primo premio per il linguaggio scurrile o perchè davvero ritenuto di sicura vaglia letteraria?
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Dovrebbe chiederlo alla giuria.
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Il premio è il secondo, non il primo.
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