Alla fine ho ceduto. Tutte le maledizioni che un lettore accanito e un feticista della carta stampata potrebbe scagliare contro gli e-book reader le ho sottoscritte, pronunciate e infine prontamente stracciate. Complici una teppaglia di amici e un compleanno da condire con un regalo, ora sono un degno figlio del nostro presente iper-tecnologico. Quando bambineggiavo negli anni ottanta andava per la maggiore immaginarsi i primi duemila solcati da automobili volanti e calpestati da omini vestiti di tute sbarluccicanti in fila per la navetta destinata ai migliori resort di Marte. Bene, la nostra fantasia non è nulla in confronto alla realtà: in mano stringo un marchingegno dal peso di due-trecento grammi capace di contenere più di tremila libri in formato digitale, collegarsi a internet, prendere appunti, evidenziare il testo, inserire segnalibri, ascoltare musica e parlare (giuro, può fare anche questo). Si chiama Kindle, è prodotto dalla Amazon ed è il miglior lettore di ebook in commercio, al prezzo più vantaggioso peraltro: per poco più di duecento euro mi è arrivato in tre giorni dagli States un pacco che, oltre alla biblioteca di Alessandria, racchiude un paio di cavi e una custodia dotata di luce.
Luce. Sì. Perché la chiave di questi lettori infernali sta nello schermo non retroilluminato che imita la resa dell’inchiostro sulla carta. Ergo: la lettura non affatica gli occhi più di quanto non lo faccia un libro a caso del vostro scaffale. Ergo²: per poter vedere i caratteri lo schermo deve essere investito da una fonte esterna di luce proveniente dal sole, da una abat-jour o dalla lampada integrata. Ergo³: la batteria non consuma come un treno a vapore e può raggiungere la strabiliante prestazione di un mese. Altroché Rocco Siffredi… Chi di voi ha sempre criticato coteste innovazioni della tecnica perché “leggere su un computer fa schifo” ritiri immediatamente le sue affermazioni: il Kindle non è un computer, non ferisce gli occhi e si regge comodamente in una mano. Si accende in uno-due secondi e, superato il primo momento di imbarazzo quando lo si tira fuori dalla borsa in pubblico, magari su un tram o su un treno, ci si dimentica che quello che si sta leggendo non è carta, ma uno schermo e-ink, e si può annegare tranquillamente nell’intreccio del romanzo, purché buono.
Non è tutto oro quello che luccica però, e vuoi per abitudine secolare, vuoi per mania di collezionismo o di gusto estetico per pareti tappezzate di coste di varie dimensioni e colori, il libro formato cartaceo rimane il libro formato cartaceo, nulla lo batte. E non intendo manco mettere in competizione i due contendenti. In maniera del tutto naturale mi rifiuto di pagare per un libro digitale e, dato che grazie al cielo prima o poi i diritti di sfruttamento di un’opera sono destinati a cadere, il mondo del web è stracolmo di autori e libri non coperti da copyright da scaricare gratuitamente. Essendo internet fondamentalmente anglofono, il mio Kindle è dominato al momento dai classici inglesi e americani del passato: da Melville a Shakespeare, da Conrad a Conan Doyle, da Swift a James Joyce, da Poe a Virginia Woolf: saranno loro ad accompagnarmi in Turchia, ad allietarmi in viaggio e a stuzzicarmi la curiosità senza spezzarmi la schiena con il loro peso. Quindi: libri a casa, Kindle a zonzo. Opere protette da copyright e nuove uscite in cartaceo, testi inglesi e di pubblico dominio in digitale. Ecco la santa alleanza.
N.d.A: questo articolo è comparso per la prima volta sul blog Peregrinare turco.